Il pregiudizio anti-individualistico
Nell’immaginario sociale l’individualismo viene per lo più collegato a caratteristiche moralmente negative: l’egoismo, la chiusura verso l’altro, la competizione. Questa (s)valutazione proviene da epoche non lontane in cui le credenze religiose e morali e i movimenti sociali emancipatori facevano appello alla capacità degli individui di spogliarsi del loro amore di sé per farsi carico di cause universali. A rinforzare il pregiudizio anti-individualistico hanno contribuito anche alcuni pensatori rappresentativi di istanze individualistiche definendo provocatoriamente «immoraliste» le proprie posizioni. A metà Ottocento il socialismo, nella sua componente maggioritaria e vincente, dopo qualche esitazione, ha imboccato anch’esso decisamente la strada della contrapposizione frontale all’individualismo, ridotto alla sua figura «proprietaria» o «possessiva». Più di recente le teorie comunitariste hanno messo in dubbio la possibilità per gli individui di effettuare scelte autonome al di fuori delle tradizioni culturali di appartenenza. Sul fronte opposto si è codificata una tradizione liberal-liberista, che dopo l’89 si propone non di rado, anche nel nostro paese, come unica chance modernizzatrice e riformista.
Una tradizione ottocentesca
Questo schema non riesce però a spiegare una notevole quantità di proposte individualistiche che dal primo Ottocento hanno concepito e fatto valere le differenze individuali non in contrapposizione ma in armonia con un quadro di valori e sentimenti comunitari, di solidarietà sociale e a volte cosmica. È singolare che una delle prime vigorose affermazioni di individualismo avvenga ad opera di un pastore protestante, Schleiermacher, che compone la infinita varietà di fedi religiose e credenze etiche nell’orizzonte unitario della comune aspirazione all’infinito. Ed è un altro pensatore religioso, Pierre Leroux, che s’interroga per primo sulla mediazione possibile tra individualismo e socialismo. Alla fine del secolo Simmel riprende l’eredità di Schleiermacher, fornendo una spiegazione sociologica di come la radicalizzazione del processo di individualizzazione moderno si combini con un allargamento di orizzonti in direzione della totalità sociale e dell’umanità in generale. A lui si deve pure una elaborazione compiuta dell’idea di legge etica individuale. Da allora l’individualismo diviene un oggetto di studio neutrale, senza esorcizzazioni moralistiche. Lo stesso Simmel si è cimentato in un’operazione di ‘recupero’ della figura di Nietzsche, sottratto allo stigma di autore «immoralista» e riportato all’interno di una prospettiva in senso lato evoluzionista, che non è affatto insensibile ai valori dell’umanità ma li lega all’affermazione di personalità eccellenti.
Individualismo solidale
Altri modelli di questa tradizione, minoritaria non per esiguità di proposte ma solo per l’enfasi che ha storicamente ricevuto quella opposta, possono considerarsi: il rapporto di socialità e solitudine stabilito da Emerson, la morale anomica («senza obbligo né sanzione») di Jean-Marie Guyau, certe forme di solidarismo francese sviluppatesi tra Otto e Novecento, l’anarchismo comunitario di Piötr Kropotkin e Gustav Landauer, l’individualismo mistico di Tolstoj, l’utopia comunitaria di Martin Buber, o, per venire ai giorni nostri, le concezioni dell’identità personale di Zygmunt Baumann e Ulrich Beck e il tentativo di Amartya Sen di mediare le risorse comunitarie con le scelte autonome degli individui. Sul piano etico si iscrivono in questa medesima prospettiva tutti quei teorici che hanno cercato di superare la morale kantiana del disinteresse per concepire in modo non oppositivo amore e cura di sé (da Feuerbach a Harry Frankfurt).
Esistono buone ragioni dunque per ricostruire una importante tradizione teorica che malgrado forti differenziazioni interne si potrebbe definire di «individualismo solidale». La pubblicazione di una collana di classici di filosofia e sociologia che ne documenti l’esistenza – ma insieme aperta ad autori contemporanei riconducibili a questo orizzonte – può diventare occasione per contrastare le pretese egemoniche dell’individualismo ‘egoistico’ e così rinforzare:
- una teoria sociale che fondi la coesione della società sull’affermazione di sé dei soggetti coinvolti anziché sulla loro mortificazione
- un’etica che, secondo la raccomandazione nietzschiana, tenti una conciliazione degli individui con il loro essere diversi, nella convinzione che una morale di individui maturi giovi non solo ad essi ma alla stessa utilità sociale
- una politica che non concepisca i diritti in alternativa al perseguimento di obiettivi utopico-comunitari.
La collana prevede l’uscita di tre volumetti ogni anno della consistenza di 100-120 pagine. Ciascun volume comprenderà uno o più saggi dell’autore presentato e sarà corredato da una agile introduzione del curatore intesa a fornire una guida alla lettura e un approfondimento teorico dei testi.
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La Collana
It is commonly believed that Individualism should be linked with negative moral features: selfishness, narrow-mindedness, competitiveness. This (d)evaluation comes from times in which religious and moral beliefs and social movements of emancipation appealed to the individuals’ capacity of giving up their self-love in order to take on the responsibility of universal issues.
Even some thinkers connected with individualistic issues have contributed to reinforce the anti-individualistic prejudice since they provocatively defined their own positions as “immoral”. During the first half of the nineteenth century even Socialism, in its majority and winning part, after some hesitations strongly contrasted Individualism, which was reduced to its “possessive” and “proprietary” aspects. More recently communitarianism has brought into question the individuals’ possibility of making any autonomous choices apart from the cultural background they belong to. On the opposite side after 1989 a liberalist tradition has been accepted in our country as the only modernist and reformist chance.
This pattern however cannot explain a wide variety of individualistic proposals which since the beginning of the nineteenth century have conceived and appreciated individual differences not in contrast but in harmony with a set of community values and feelings of social and sometimes cosmic solidarity. It is meaningful to stress that one of the first strong statements of individualism is made by a Protestant priest, Schleiermacher, who merges the wide variety of religious faiths and ethical beliefs within a common aspiration to the infinite. Besides it is another religious thinker, Pierre Leroux, who first wonders about the possible mediation between individualism and socialism. At the end of the century Simmel refers back to Schleiermacher, giving a sociological explanation of the way in which the radicalization of the modern process of individualization goes together with a deeper interest in social totality and mankind in general. He was also the one who fully worked out the idea of an individual ethical law. Since then Individualism has been studied in a neutral way, without moralizing on it. Simmel himself tried to “rescue” Nietzsche, despoiling him of the accusation of being “immoral” , putting him within an evolutionist perspective, which is not blind to the values of sympathy, but simply links them to excellent figures.
Other models for this tradition, which is minor not out of inferiority but only for the higher emphasis that the opposite one has historically had, can be considered the following: the relationship between sociality and loneliness established by Emerson, Jean-Marie Guyau’s anomic ethics (“with no obligation or punishment”), some forms of French solidarity which developed between ‘800 and ‘900, Piötr Kropotkin’s and Gustav Landauer’s community anarchism, Tolstoj’s mystical individualism, Martin Buber’s community utopia or else, nearer to our times, Zygmunt Baumann’s and Ulrich Beck’s conceptions of personal identity and Amartya Sen’s attempt to find a compromise between common resources and autonomous individual choices. From an ethical viewpoint the same perspective is shared by those thinkers who tried to go beyond the kantian ethics of disinterest in order to perceive love and self-care in a harmonious way (from Feuerbach to Harry Frankfurt).
There are therefore good reasons to rebuild an important theoretical tradition which, despite strong inner differences, could be defined “solidaristic individualism”. The publication of a series of classics of philosophy and sociology about it – which is open also to contemporary authors belonging to the same perspective – may become a means to contrast the hegemonic claims of “selfish” individualism, thus reinforcing:
- a social theory according to which the cohesion of society is based on the involved individuals’ success, rather than on their mortification
- ethics which, in accordance with Nietzsche, tries to reconcile the individuals with their being different, following the belief that mature individuals’ ethics may serve both them and social usefulness itself
- Politics which does not consider rights as an alternative to the pursuit of utopian-communitarian aims.
There will be the publication of three volumes a year of about 100-120 pages. Each volume will contain one or more essays by the involved author and a quick introduction from the editor aiming at giving a guide for reading and a theoretical investigation of the texts.
Ringraziamenti
Si ringrazia la Fondazione Cariparma per il contributo a sostegno della collana La ginestra.